LE MENZOGNE
DOMODOSSOLA – OTTOBRE 1944. La caduta
dell’effimera "Repubblica dell’Ossola"
Nino Arena
«Fra settembre e ottobre 1944, nacque e morì senza tanti
rimpianti, la cosiddetta "Repubblica dell’Ossola’’ una delle tante
effimere repubblichette partigiane "costituite’’ spesso su pochi chilometri
quadrati, liberi al momento di autorità ufficiali e sorveglianza,
e di conseguenza alla mercé di chiunque volesse appropriarsene e
sentirsi importante per i suoi fini personali. Pittoreschi capi partigiani
si installavano quindi d’autorità, nominavano funzionari, emanavano
pomposamente leggi e provvedimenti demagogici, tanto per crearsi notorietà
e farsi belli per i posteri... La "Repubblica dell’Ossola’’ fu però
qualcosa di più delle altre zone "libere’’ partigiane poiché
nacque da una serie di fortuite circostanze fra di loro concomitanti, prima
fra tutte la vicinanza e l’appoggio morale e materiale della Confederazione
Elvetica che permetteva (ed in effetti permise) di sconfinare rapidamente,
mettersi al sicuro chiedendo aiuto nell’ipotesi di pericoli. Nell’Ossola
venne formato un governo provvisorio con la partecipazione di tutti i rappresentanti
del C.L.N. (...) Pochi giorni più tardi, all’alba del 9 settembre,
il Btg. Allievi Ufficiali di Varese sbarcava di sorpresa fra Cannero e
Cannobio e sbaragliava i ribelli costringendoli alla fuga, (...). Era evidente
che il ripristino della legalità e normalità della Valdossola
era compito istituzionale della Guardia per questioni di principio e di
rivalsa morale, con l’onere dell’azione.
L’operazione venne fissata per la fine della prima decade di ottobre
e vi parteciparono simbolicamente reparti di tutte le FF.AA... (e tra esse)
una compagnia di formazione del "Mazzarini’’.
L’ordine di approntare un reparto per l’operazione "Valdossola’’
suscitò entusiasmo e desiderio di partecipare fra i paracadutisti
del "Mazzarini’’ e salomonicamente i volontari vennero tratti da tutte
le compagnie...
Il 9 ottobre il reparto raggiungeva in autocarro Arona (...) mentre
il comando dell’operazione precisava i compiti affidati agli uomini del
"Mazzarini’’: protezione del fianco destro della SS. 33 di fondo-valle.
Partenza per Mergozzo-Candoglia all’alba del giorno 12, appoggiati tatticamente
al "Debiza’’ (Btg. SS italiane) e sotto una pioggia battente.
Dopo Candoglia il "Mazzarini’’ lascia la statale e s’inerpica
in costa verso le cave di marmo ai piedi del Monte Payè, per poi
scendere su Bettola-Cuzzago. (...) Il giorno successivo, la colonna in
marcia fra Premosello e Vogogna, veniva fatta segno a forte tiro di armi
automatiche di breve durata, annullato per l’intervento di cannoni da 75
che mettevano a tacere le armi dei ribelli. (...) Il 14 mattina il reparto
rientrava sulla statale riprendendo la marcia verso Piedi-mulera-Pallanzeno-Villa
d’Ossola appoggiato da un paio di carri M. 14 (del Gruppo corazzato "Leonessa’’),
incontrando sull’itinerario sporadica resistenza e modesti ostacoli per
discontinue raffiche di mitragliatrici. Occupata Villa d’Ossola e requisite
diverse biciclette, il S. Ten. Roberto Bianchi si poneva in testa al gruppo
dei ciclisti intenzionato a raggiungere Domodossola per primo. (...) Il
resto del reparto proseguiva la marcia con carriaggi di circostanza trasportando
le armi pesanti e le munizioni. Venivano superati ostacoli trovati sulla
strada, sbarramenti, tiri di armi automatiche, posti di blocco abbandonati
da poco tempo ed alle 17.05 del 14 ottobre i paracadutisti entravano a
Domodossola. (...) Sul pennone del Municipio veniva issato con l’onore
delle armi il Tricolore. (...) L’intera valle veniva ripulita dai partigiani
e a fine ottobre la formazione del "Mazzarini’’ rientrava a Borgomanero.
La "giunta provvisoria della zona liberata’’ abbandonava ignominiosamente
la Val d’Ossola fuggendo nell’ospitale Svizzera: il suo breve sogno, contraddistinto
da litigi, accuse e rancori del C.L.N., si era infranto al primo urto».
Ora, a tanti anni di distanza, uno tra i protagonisti del "Mazzarini’’,
che visse questa esperienza, il Paracadutista F. Facchin, ci ha fatto pervenire
"Ardimento’’, un giornale dell’epoca - ormai documento storico - che
ben volentieri riproduciamo integralmente per i nostri Lettori [fu allegato
al numero di Nuovo Fronte 195. Ndr di www.italia-rsi.org], inserendolo
fra le pagine 8 e 9.
Il foglio annunciava - il 15 ottobre 1944 - la riapparizione del
Tricolore repubblicano a Domodossola.
NUOVO FRONTE N. 195 Ottobre 1999. (Indirizzo e telefono:
vedi PERIODICI)
REPUBBLICA DI MONTEFIORINO
Nino Colombari
Nella primavera del 1944, come già in attività
nelle province di Reggio Emilia e Bologna, il P.C.I. Modenese decise di
creare un apparato militare sotto forma di bande armate e "gappiste’’
per la città, la bassa modenese e in diverse località dell’Appennino
modenese. Per le zone di montagna venne scelto, quale comandante e responsabile
politico, un comunista di Pavullo nel Frignano (MO) che assunse il nome
di copertura "Armando’’ e diede vita alla Brigata Garibaldi Riveda.
Nei mesi di giugno e luglio 1944
il Comando provinciale della G.N.R. di Modena decise di ritirare la Guardia
Nazionale Repubblicana in molte località dell’Appennino modenese
lasciando ai Carabinieri il controllo dell’ordine pubblico. Queste località
dopo il ritiro del contingente della GNR vennero occupate dai partigiani
comunisti comandati da Mario Ricci, detto "Armando’’.
La notizia che importanti centri come Frassinoro,
Polignago, Frignano ecc. non erano più presidiati dalle Guardie
della GNR, divenne operativa ai primi di giugno 1944.
I capi partigiani, sorpresi essi stessi dal precipitare
della situazione, diedero ordine ai loro uomini di occupare i presidî
che la GNR e i tedeschi avevano evacuato.
L’unico comune della zona ancora presidiato dalla
GNR era quello di Montefiorino, un grosso borgo di circa settemila abitanti.
Il 13 giugno "Armando’’ fu così in grado
di raggruppare le proprie bande nella prima divisione Garibaldi Modena.
Allorché la sera del 15 giugno giunse la notizia che anche il presidio
di Montefiore stava ripiegando.
La notizia, prima della caduta di Roma e dello sbarco
alleato in Normandia, creò nel campo partigiano uno stato di autentica
ebbrezza. E si misero a giocare al nuovo Stato, con l’idea di contrapporre
alla Repubblica di Mussolini una repubblica partigiana. Il 18 giugno 1944
il campanone di Montefiorino si mise a suonare a stormo, dando vita alla
cosiddetta "repubblica di Montefiorino’’.
La notizia che nella zona dell’Appennino modenese
si era costituita una "zona libera’’ partigiana giunse anche al comando
alleato. Ben presto, mentre cominciava l’afflusso di materiale bellico
avio-lanciato dagli angloamericani, gli Ufficiali alleati, di concerto
con Armando elaborarono un ambizioso piano operativo che doveva fare della
"repubblica di Montefiorino’’ un elemento strategico decisivo nel
quadro dell’affluenza verso la valle del Po.
I tedeschi erano giustamente allarmati da questa
costituenda "fortezza’’ dietro le loro linee che metteva in pericolo
tutto il loro schieramento sull’Appennino tosco-emiliano. Essi erano al
corrente di ufficiali e tecnici alleati che collaboravano con l’ "Armando’’.
La cosiddetta "fortezza di Monte-fiorino’’
era composta esclusivamente di ex prigionieri sovietici al comando di A.V.
Tarasov, un comunista russo che dopo l’8 settembre era rimasto per alcune
settimane nella fattoria dei fratelli Cervi a Campegine di Reggio Emilia.
Dopo l’arresto dei fratelli Cervi, Tarasov si era portato nel modenese
con il concorso di altri suoi connazionali e aveva costituito il "battaglione
sovietico’’ dotato di un armamento più scelto e potente rispetto
a quello delle bande partigiane italiane.
Il generale Messerle, che comandava il dispositivo
tedesco del Sud Emilia, inviò un suo Ufficiale al comando partigiano
di Montefiorino con il compito di trattare una tregua, ponendo delle precise
condizioni che non vennero accettate dall’Armando.
Al Comando italo-tedesco non restò quindi
che ricorrere alla maniera forte, vale a dire al rastrellamento.
Tra il 20 e 26 luglio 1944 furono convogliati nella
zona due battaglioni della GNR e circa duemila soldati tedeschi. Di fronte
avevano circa duemila guerriglieri. Tra questi il "battaglione sovietico’’
costituiva il punto di forza dello schieramento partigiano.
All’alba del 28 luglio 1944 le truppe italo-germaniche
iniziarono il loro movimento in direzione di Montefiorino.
L’attacco venne condotto da tre colonne, due provenienti
da nord (Carpiteri e Castellarano) e una da sud (Piandelagotti) in base
al classico piano di "rastrellamento ad anello’’.
La più grossa resistenza opposta da singoli
gruppi di guerriglieri fu quella del "battaglione sovietico’’ che
sapeva di lottare per la propria sopravvivenza. La difesa partigiana venne
infranta dovunque. Tutti i grossi centri, compreso Montefiorino, caddero
nelle mani delle truppe italo-tedesche.
Armando, gli ufficiali alleati e un migliaio di
uomini, raggiunsero in Toscana le Divisioni americane. Così fu che
la tanto decantata "repubblica di Montefiorino’’ ebbe la durata di
un sospiro.
Il 15 dicembre 1953 l’onorevole democristiano Alessandro
Coppi dichiarava: "Troppo spesso nel linguaggio comune si parla di
guerra civile. Quale guerra civile? Se altrimenti fosse, io direi che le
medaglie che ornano i gonfaloni dei nostri Municipi e delle nostre Province
andrebbero strappate e gettate nel crogiuolo per ritornare semplice metallo.
Se si tolgono i presunti, i sedicenti e gli assassini, i partigiani veri
rimangono veramente pochi!’’.
Nel breve periodo di esistenza della cosiddetta
"repubblica di Montefiorino’’ (circa sei settimane) le bande partigiane
comuniste assassinarono (in quanto loro prigionieri da tempo) 14 Militi
della GNR, in località Pianello, che dista circa un chilometro dal
comune di Montefiorino, a colpi di mitragliatrice dopo averli denudati
e lasciati per tre giorni nel luogo del massacro! E altri 19 Militi in
zone limitrofe a Montefiorino.
Il parroco di Vitriola, frazione di Montefiorino,
Don Pietro Cassinelli, che ha provveduto alla sepoltura dei 14 Militi della
G.N.R. nel cimitero di Vitriola, mi ha confermato quanto su descritto.
Assassinati in località Pianello:
Barbieri Federico, Casati Luigi, Castellani Alfredo,
Cassinelli Antonio, Castelli Costante, Colombari Pietro, Corsini Armido,
Landi Alfredo, Lania Domenico, Mattei Domenico, Nasi Enzo, Sanna Salvatore,
Santini Giuseppe, Cap. GNR Zanotti Andrea.
Altri militi della GNR assassinati e uccisi alle spalle in località
limitrofe a Montefiorino:
Gerli Giovan Battista, Allievo ufficiale, ucciso
a Montefiorino l’8 marzo 1944
Astolfi Dante, ucciso a Montefiorino, recuperata
la salma il 22 aprile 1945
Bonaccini Mario, assassinato dai partigiani sul
Monte Spino di Palavano
Bonvicini Venturino, ucciso il 22 marzo 1944 a Montefiorino
Pedrelli Gian Bruno, Brigadiere della GNR assassinato
a Montefiorino perché disse "non mi arrendo’’.
Prati Ildo, nato nel 1932, ucciso a Montefiorino
il 28 aprile 1944 dai partigiani comunisti
Ricci Vittorio, di Pietro, assassinato a Montefiorino
il 30/6/1944. Salma mai ritrovata
Campeggi Emilio, guardia di custodia, ucciso a Montefiorino
il 15 giugno 1944.
Cassanelli Alderigo, come sopra
Casari Giuseppe, come sopra
Castellani Alessandro come sopra
Dal Bue Raffaele come sopra
Germiniasi Angiolino come sopra
Giubbolini Angelo come sopra
Gozzi Guerrino come sopra
Malagoli ? come sopra in forza al 3° battaglione
Italiano di Polizia
Montorri Nando come sopra
Moscardini Gian Battista come sopra
Piana Luigi come sopra
Civili assassinati:
Parenti Dina, Ausiliaria, 45 anni, impiccata a Santa
Giulia insieme ad una ragazza di 16 anni: Donatella Pietra, detta Pierina,
il 31 agosto 1944
Binachessi Arrigo, ucciso a Montefiorino nel maggio
1944
Bocchi Maria, assassinata a Montefiorino nel febbraio
1945
Buffignani Siro, di Montefiorino, assassinato il
10 gennaio 1945
Cavazzini Maria, di Montefiorino, assassinata dai
partigiani nel 1944, tuttora ignota la sepoltura.
Ferrari Dario, fu Pietro, di anni 28, assassinato
dai comunisti il 20 giugno 1944 a Montefiorino.
Gualtieri Valdina, in Martini, residente a Montefiorino.
Bruciata viva in casa. Il marito Ercole, riuscito a fuggire in un primo
momento, venne raggiunto e assassinato dai partigiani comunisti il 4 giugno
1944 a Gusciola di Montefiorino.
Idri Ilario, assassinato il 31 luglio 1944 a Montefiorino.
Ugolini ?, anni 70. Geometra a Vitriola di Montefiorino.
Torturato e assassinato a Romanoro.
Bertacca Lamberto, massacrato dai partigiani a Limidi
di Soliera con altri 6 legionari. Catturato ancora vivo, gli venne ingiunto
di gridare, se voleva salva la vita, "Viva i partigiani, viva la Russia’’.
Rispose gridando "Viva l’Italia’’ e venne subito ucciso.
Purtroppo l’elenco degli uccisi e assassinati dai
partigiani comunisti al comando di Armando è largamente incompleto.
Quando ho raccolto i nominativi degli uccisi e assassinati
militari della RSI e civili, regnava ancora il terrore nelle diverse persone
interrogate e quindi l’omertà quasi assoluta.
Aggiungo altri criminali episodi di cui si sono
"gloriati’’ i cosiddetti "liberatori’’ partigiani prevalentemente
comunisti.
L’inverno 1944/45 fu ricco di episodi di inaudita
ferocia: il "massacro della Casa Rossa’’ e la "strage della famiglia
Pallotti’’.
In viale Carducci, a Carpi, in un edificio denominato
"Casa Rossa’’ abitava una povera famiglia, composta di donne e di
un solo uomo. Una famiglia di contadini che si era sempre disinteressata
di politica. Ma la più giovane delle sue componenti era fidanzata
con un fascista repubblicano. I partigiani comunisti decisero quindi di
uccidere tutti gli abitanti della "Casa Rossa’’.
La notte dell’8 gennaio 1945, la casa fu invasa
dai guerriglieri armati. Virginia Moranti, Domenica Gatti, Anna Maria Sacchi,
Maria Poli e Secondo Martinelli furono raggiunti ognuno nelle loro stanze
e falciati a raffiche di mitra. L’ultima superstite della famiglia, Cita
Vincenti, ottantenne e paralitica, che non aveva potuto alzarsi dal letto,
venne uccisa con un colpo in bocca.
La notte seguente, a San Damaso, fu la volta dell’intera
famiglia Pallotti, composta da Carlo Pallotti, Veterinario, la moglie Maria
e i figli Luciano di 14 anni e Maria Luisa di 12 anni. Salendo una scaletta,
tre armati raggiunsero il piano superiore. Si udì un ordine secco
seguito da raffiche di mitra. Poi più nulla. Carlo Pallotti, sua
moglie e i due bambini giacevano riversi sul pavimento di mattoni, unendo
i loro rivoli di sangue. Carlo Pallotti fu spogliato della bella giubba
di pelle che indossava, alla Signora Maria furono tolti gli orecchini,
l’orologio da polso e le fedi. A Maria Luisa venne strappata una medaglietta
della Madonna. Così terminò l’ "azione di guerra’’ dei
giustizieri!
Testimone di questo inaudito cruente massacro fu
il contadino Fernando Vaschieri al quale gli assassini dissero: "Non
ti muovere fino all’alba. Stattene tranquillo perché hai visto cosa
succede ai nostri nemici’’. Terrorizzato il Vaschieri non si mosse sino
all’alba del giorno seguente.
A guerra finita i massacratori della famiglia Pallotti
vennero identificati dalla Polizia e il 31/3/1949 il Prefetto di Modena
indirizzò al ministero degli Interni il dispaccio seguente: "L’orrendo
crimine, per la qualità delle vittime e l’efferatezza con cui fu
consumato, destò unanime raccapriccio e nulla fu inventato’’.
Alla strage parteciparono: Reggianini Michele di
28 anni, Maletti Dante di anni 29, Sarnesi Savino di 23 anni, Benassi Ennio
di anni 23, Costantini Giuseppe di 41 anni, Menabue Gerardo di anni 35
ed altri due non ancora identificati, facenti parte delle squadre Sap e
Gap. I partigiani arrestati confessarono la strage. Furono assolti per
avere agito in base a ordini superiori e perché il fatto costituiva
"azione di guerra’’. Sinistra giustizia proletaria!
NUOVO FRONTE N. 209 Aprile-Maggio 2001 (Indirizzo e
telefono: vedi PERIODICI)